La menzogna riguardante i propri sentimenti amorosi può costituire un artificio o raggiro rilevante ai fini dell’integrazione del reato di truffa?
La menzogna riguardante i propri sentimenti amorosi può costituire un artificio o raggiro rilevante ai fini dell’integrazione del reato di truffa?
La Corte di Cassazione (sentenza n. 25165/2019) ha risposto in senso affermativo evidenziando come in quello specifico caso la condotta dell’imputato era consistita nel simulare sentimenti d’amore, rafforzati da ulteriori elementi (come il progetto di vita in comune) in grado di ingannare la vittima e convincerla della loro verità e serietà.
La Cassazione ha sottolineato come in casi del genere la truffa non va considerata in relazione all’inganno riguardante i sentimenti dell’agente rispetto a quelli della vittima, bensì con riferimento al fatto che la menzogna circa i propri sentimenti è legata a tutta una situazione capace di far scambiare il falso con il vero. La Cassazione ha inoltre chiarito che ai fini della individuazione della truffa occorre accertare l’idoneità ingannatoria degli artifizi o raggiri ed il nesso causale tra l’inganno e l’errore della vittima la quale compie una certa scelta patrimoniale, ad esempio intestare un immobile, che altrimenti non avrebbe effettuato.
Non viene quindi affermata la rilevanza penale di condotte ingannatorie riguardanti i sentimenti provati, bensì la illiceità di comportamenti che sfruttando la situazione di debolezza della vittima, nella specie coinvolta in una relazione sentimentale, hanno dato luogo a falsi motivi determinanti la scelta patrimoniale del disponente.

Il caso
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