Pillole giuridiche: l’eredità

Pillole giuridiche: l’eredità

Pillole giuridiche: l’eredità

Sommario
1. Premessa
1.1. Quando e dove si apre la successione?
1.2. Come si divide il patrimonio che costituisce l’eredità?
2. L’eredità in assenza di testamento
2.1. I diritti dei coniugi separati e divorziati, dei partner e degli uniti civilmente
2.2. I diritti successori dei figli e degli altri parenti
3. L’eredità in presenza di testamento
3.1. I principali tipi di testamento
3.2. La quota di legittima
4. L’azione di riduzione
5. L’accettazione e la rinuncia all’eredità
5.1. L’accettazione dell’eredità
5.2. L’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario
5.3. La rinuncia all’eredità
6. La dichiarazione di successione
6.1. Che cos’è?
6.2. Chi deve presentare la dichiarazione di successione?
6.3. Entro quando gli eredi devono presentare la dichiarazione di successione?
6.4. La dichiarazione di successione comporta l’accettazione dell’eredità?
7. Eredità in altri Paesi Europei

1. Premessa

Quando ci si chiede cosa si intende per “eredità” bisogna partire dal concetto di “successione”: la successione consiste in quel fenomeno per cui ad un soggetto (detto dante causa) subentra un altro (il successore o avente causa) nella titolarità di una o più situazioni giuridiche.
Nella successione mortis causa (a causa di morte) un soggetto vivente subentra quindi nella titolarità di una o più situazioni giuridiche appartenenti ad una persona defunta.
Che cosa fa parte della successione mortis causa? Tutti gli acquisti che derivano o dipendono dal patrimonio del defunto (come la sua abitazione o le somme depositate nel suo conto in banca). Non rientrano invece gli acquisti che avvengono, sempre a seguito della morte, direttamente a favore degli eredi (come la pensione di reversibilità).
La successione mortis causa è anche detta “universale”, perché prevede che il successore subentri, in proporzione alla sua quota, in tutti i rapporti, sia attivi che passivi, di cui era parte il de cuius, anche se non era a conoscenza della loro esistenza.
L’eredità è infatti il complesso dei rapporti attivi e passivi facenti capo al defunto nel quale subentra, in tutto o in proporzione alla suo quota, l’erede. L’eredità comprende tutti i diritti trasmissibili mortis causa e quindi (quasi) tutti i diritti patrimoniali.
L’erede è quindi un successore universale in quanto egli subentra nell’universalità dei rapporti che facevano capo al defunto. Cosa succede se vi sono più eredi e che cos’è la comunione ereditaria? Se vi sono più eredi sono tutti successori a titolo universale ma per quote.
Che cosa non rientra invece nell’eredità? Non rientrano nel patrimonio ereditario, ad esempio, i diritti di usufrutto, uso e abitazione, i rapporti che dipendono da specifiche caratteristiche di una persona (come i rapporti di lavoro), gli alimenti, i diritti personalissimi ed i rapporti di diritto pubblico.

1.1. Quando e dove si apre la successione?

Ai sensi dell’art. 456 del codice civile la successione si apre al momento della morte nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto (detto anche “de cuius”).

1.2. Come si divide il patrimonio che costituisce l’eredità?

L’eredità si devolve per legge, in questo caso si parla di “successione legittima” (vedi il punto 2) o per testamento ed ha quindi luogo la “successione testamentaria “ (vedi il punto 3).

2. L’eredità in assenza di testamento

Se non è presente un testamento ha luogo la successione legittima.
La legge dispone quindi quelli che sono i successori e le loro quote.
Come si calcolano le quote di eredità in caso di eredità legittima (e quindi se non c’è un testamento)?
In questo caso sono applicabili gli artt. 565-586 c.c., secondo i quali l’entità delle quote degli eredi legittimi varia a seconda della linea (discendenti, ascendenti e collaterali) e del grado di parentela (il parente prossimo esclude il remoto), nonché del numero degli eredi.
Queste sono le quote previste dalla legge nel caso di successione legittima.
Partiamo dai casi in cui è presente il coniuge, chi eredita?

a. se c’è solo il coniuge: eredita tutto (art. 583 c.c.);
b. se c’è il coniuge ed un solo figlio: ereditano metà a testa (art. 581 c.c.);
c. se c’è il coniuge e due o più figli: il coniuge eredita un terzo ed i figli dividono in parti uguali i restanti due terzi (art. 581 c.c.);
d. se c’è il coniuge e ascendenti o fratelli/sorelle del defunto: il coniuge eredita due terzi del patrimonio e gli altri parenti il restante terzo (art. 582 c.c.).

2.1. I diritti dei coniugi separati e divorziati, dei partner e degli uniti civilmente

Attenzione: il coniuge separato (e non divorziato) ha gli stessi diritti di quello non separato.
Diversa invece la situazione del coniuge separato con addebito (molto raro), che ha diritto solo ad un legato vitalizio di alimenti se in vita godeva degli alimenti a carico del coniuge deceduto (artt. 548 e 585 c.c.), e del coniuge divorziato che non ha alcun diritto successorio e mantiene unicamente il diritto ad un assegno periodico se vi sono i presupposti di legge.
E che diritti ereditari hanno i partner conviventi ma non sposati? Nessuno, la legge non prevede alcun diritto a favore del partner sull’eredità del compagno in caso di morte di quest’ultimo.
Quanto infine ai diritti che sorgono a seguito di un’unione civile va osservato che in questo caso i due partner hanno gli stessi diritti successori dei coniugi.

2.2. I diritti successori dei figli e degli altri parenti

Vediamo ora che quota di eredità spetta invece ai figli: ai sensi degli artt. 566 e 567 c.c. i figli, anche se adottivi, succedono al padre e alla madre in parti uguali.
Se una persona muore senza lasciare figli o altri discendenti (ad esempio i nipoti) ereditano i suoi genitori ed i suoi fratelli e sorelle in parte uguale.
Invece nel caso in cui una persona muoia senza lasciare coniuge, discendenti, genitori, altri ascendenti, fratelli e sorelle o loro discendenti, ereditano gli altri parenti intendendosi per tali quelli fino al sesto grado.
Infine, se mancano del tutto parenti o nessuno di essi accetta l’eredità, eredita lo Stato (art. 586 c.c.).

3. L’eredità in presenza di testamento

Nella successione per testamento il testatore decide – nel rispetto di alcuni limiti insuperabili previsti dalla legge – chi saranno i suoi eredi e quali quote del patrimonio destinare a ciascuno di essi.
Il codice civile prevede infatti un istituto che si chiama successione necessaria che rappresenta un limite alla volontà di disposizione da parte del testatore. Ci sono infatti delle categorie di eredi che hanno diritto in ogni caso a determinate quote del patrimonio del de cuius (quote di legittima, vedi al punto 3.2) .

3.1. I principali tipi di testamento

L’art. 587 c.c. dispone che il testamento è un atto revocabile con cui un soggetto dispone del suo patrimonio o di parte di esso per il tempo successivo alla sua morte.
Esistono diversi tipi di testamento, i principali sono: il testamento olografo, quello segreto e quello pubblico.
Il testamento olografo è scritto (interamente!), datato e sottoscritto a mano dal testatore.
Ogni elemento del testamento olografo deve infatti essere autografo, a pena di nullità.
Ai sensi dell’art. 602, comma 1, c.c., l’autografia e la sottoscrizione, unitamente alla data, costituiscono requisiti essenziali per la validità del testamento olografo: la presenza di tali elementi nella scheda testamentaria è necessaria, infatti, al fine di assicurare la personalità delle disposizioni del de cuius e, più precisamente, per valutare l’integrale autenticità del documento e per garantire la corrispondenza delle dichiarazioni alla volontà del testatore.
L’autografia deve quindi concernere ogni elemento del negozio testamentario e non solamente la sottoscrizione, per cui le disposizioni di ultima volontà devono essere scritte a mano dal testatore e pertanto in assenza di tale formale indicato, il testamento deve ritenersi nullo, ai sensi dell’art. 606 comma 1, c.c., e, quindi, privo di qualsiasi efficacia (Tribunale Torino sez. II, sentenza n.3385 del 9 luglio 2019).
Il testamento pubblico è invece un atto ricevuto da un notaio alla presenza di due testimoni. In questo caso il testatore dichiara le sue volontà al notaio che le trascrive (art. 603 c.c.).
Questo tipo di testamento ha l’efficacia probatoria dell’atto pubblico e deve essere redatto rispettando una serie di formalità previste dal codice civile e dalla legge notarile.
Infine il testamento segreto è composto da due elementi: il testamento (o scheda testamentaria) redatto, anche in modo non autografo, e sottoscritto dal testatore e poi sigillato e da un atto di ricevimento del notaio sottoscritto dal testatore, dai testimoni e dal notaio con data autentica (art. 604 c.c.).

3.2. La quota di legittima

Che cos’è e come si calcola la quota di legittima di un’eredità e chi sono i “legittimari”?
Il nostro codice civile disciplina agli articoli 536-564 i diritti dei “legittimari”, ossia quegli eredi a favore dei quali la legge riserva una parte (quota) dell’eredità o altri diritti nella successione.
I legittimari hanno quindi diritto alla rispettiva quota per legge e quindi anche se il testamento disciplina l’eredità in modo diverso.
I legittimari sono il coniuge (o il partner dell’unione civile) ed i figli del defunto, nonché i suoi ascendenti se chi muore non lascia figli.
In particolare ai diversi possibili scenari corrispondono diverse quote di legittima:

a. se c’è solo un figlio: metà del patrimonio (art. 537, co. 1, c.c.);
b. se ci sono due o più figli: due terzi del patrimonio, da dividersi poi in parti uguali (art. 537, co. 1, c.c.);
c. se c’è solo il coniuge: metà del patrimonio (art. 540, co. 1, c.c.)
d. se ci sono il coniuge e un figlio: un terzo del patrimonio a testa (art. 542, co. 1, c.c.);
e. se ci sono più figli e il coniuge: metà del patrimonio ai figli, che poi dovranno dividerselo in parti uguali, ed un quarto al coniuge (art. 542, co. 2, c.c.);
f. se ci sono il coniuge e gli ascendenti (senza figli): metà del patrimonio al coniuge e un quarto agli ascendenti (art. 544, co. 1, c.c.), la cui divisione è regolata dall’art. 569 c.c.;
g. se ci sono solo ascendenti (senza figli e senza coniuge): un terzo del patrimonio (art. 538, co. 1, c.c.), la cui divisione è regolata dall’art. 569 c.c.

Il resto della massa ereditaria è chiamato “quota disponibile” e di questa il testatore può decidere liberamente la destinazione e ripartizione.

4. L’azione di riduzione

Il diritto alla quota di legittima non può venir leso in alcun modo dalla volontà del de cuius.
Esiste uno specifico istituto giuridico, l’azione di riduzione, finalizzato a tutelare i diritti dei legittimari.
Cosa devo fare quindi se credo che i miei diritti ereditari siano stati violati?
Per esperire l’azione di riduzione – regolata dagli artt. 553-564 c.c. – bisogna innanzitutto calcolare il patrimonio del de cuius: si sottraggono i debiti al patrimonio ereditario e si aggiungono le donazioni fatte in vita (relictum – debiti + donatum).
In questo modo è possibile calcolare la propria quota di legittima e verificare se la stesa e stata lesa, successivamente si può proporre l’azione di riduzione contro i beneficiari delle disposizioni testamentarie o delle donazioni che si intende contestare ed eventualmente, se ricorrono i presupposti stabiliti dalla legge, anche contro i terzi che hanno acquistato dai beneficiari i beni ereditati o ricevuti in donazione.
Attenzione: per poter proporre l’azione di riduzione è prima necessario esperire il tentativo di mediazione (obbligatoria) ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, D.lgs. 28/2010.

5. L’accettazione e la rinuncia all’eredità

Il procedimento successorio è il procedimento che conduce all’acquisto o alla rinuncia all’eredità e consiste in tre fasi: 1) l’apertura della successione, 2) la vocazione e 3) la delazione.

5.1. L’accettazione dell’eredità

L’accettazione dell’eredità è quell’atto giuridico mediante il quale si acquista la qualità di erede e si subentra nel patrimonio del defunto.
Entro quando devo accettare l’eredità?
Ai sensi dell’art. 480 c.c. il diritto ad accettare l’eredità si prescrive in dieci anni a decorrere dall’apertura della successione e quindi dalla morte del de cuius.
Chi vi ha interesse può però chiedere che questo termine venga accorciato dal giudice competente (actio interrogatoria), che fisserò quindi un termine entro il quale il chiamato dichiara se accetto o rinuncia all’eredità. Se trascorre questo termine senza che il chiamato abbia dichiarato di accettare, egli perde tale diritto.
Cosa devo fare per accettare l’eredità?
Per poter accettare l’eredità occorre un atto di accettazione, che può essere di due tipi: espressa o tacita. Inoltre l’accettazione di eredità può essere semplice o con beneficio di inventario.
L’accettazione dell’eredità deve essere trascritta?
Sì, se comporta l’acquisto o la liberazione dei diritti di cui all’art. 2643, nr. 1, 2 e 4, c.c. e quindi nel caso in cui tramite l’eredità si trasferisca la proprietà o di usufrutto di un bene immobile, o il diritto di superficie, enfiteusi o servitù.
Che differenza c’è tra accettazione espressa e accettazione tacita?
Ai sensi dell’art. 475 c.c. l’accettazione espressa consiste in una dichiarazione – avente la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata – con cui un soggetto afferma espressamente di accettare l’eredità e di assumere la qualità di erede.
L’accettazione tacita ha invece luogo quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare (art. 476 c.c.), come ad esempio la vendita di uno dei beni che costituiscono il patrimonio ereditario. In sostanza il soggetto pone in essere un atto che non avrebbe diritto di compiere se non fosse erede.

5.2. L’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario

Cos’è infine l’accettazione con beneficio di inventario? L’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario è un istituto che serve a mantenere la separazione tra il patrimonio del defunto e quello dell’erede e consiste in una dichiarazione che va fatta davanti ad un notaio o al cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione e che viene poi inserita nel registro delle successione conservato nello stesso tribunale.
Entro quando va fatta l’accettazione con beneficio di inventario? Dipende.
Se il chiamato all’eredità ha il possesso dei beni ereditari egli deve fare l’inventario entro 3 mesi dal giorno di apertura della successione o dalla notizia della devoluta eredità. Dopodiché (se non l’ha già fatta) il chiamato che non ha ancora fatto la dichiarazione di cui all’art. 484 c.c. ha 40 giorni da quello del compimento dell’inventario medesimo, per deliberare se accetta o rinunzia all’eredità. Trascorso questo termine senza che abbia deliberato, è considerato erede puro e semplice (art. 485 c.c.).
Se invece il chiamato all’eredità non è nel possesso di beni ereditari, può fare la dichiarazione di accettare col beneficio d’inventario fino a che il diritto di accettare non è prescritto e quindi entro 10 anni dal giorno di apertura della successione. Dal momento in cui ha fatto la dichiarazione, deve però compiere l’inventario nel termine di tre mesi dalla stessa, a meno che non vi sia una proroga accordata dall’autorità giudiziaria ai sensi dell’articolo 485; in mancanza, è considerato erede puro e semplice. Se invece ha fatto l’inventario non preceduto da dichiarazione d’accettazione, questa deve essere fatta nei quaranta giorni successivi al compimento dell’inventario; in mancanza, il chiamato perde il diritto di accettare l’eredità (art. 487 c.c.).

5.3. La rinuncia all’eredità

Nel caso in cui i debiti del defunto siano maggiori agli attivi del suo patrimonio o siano comunque molto consistenti, può essere opportuno rinunciare all’eredità.
Per rinunciare all’eredità bisogna fare una dichiarazione formale (regolata dagli artt. 519-527 c.c.) davanti o ad un notaio o al un cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione e che viene poi inserita nel registro delle successione conservato nello stesso tribunale.
Entro quando va fatta? La legge non stabilisce espressamente un termine ma è bene farla per tempo, anche per limitare il rischio che abbia luogo involontariamente un’accettazione tacita.
Si può revocare la rinuncia? Ai sensi dell’art. 525 c.c. fino a che il diritto di accettare l’eredità non è prescritto, chi ha rinunciato all’eredità può sempre accettarla, se non è già stata acquistata da altri chiamati, senza pregiudizio delle ragioni acquistate da terzi sui beni dell’eredità.

6. La dichiarazione di successione

6.1. Che cos’è?

La dichiarazione di successione è un adempimento fiscale che consiste nella dichiarazione del valore delle quote ereditarie e dei legati, su cui dovrà calcolarsi l’imposta di successione.

6.2. Chi deve presentare la dichiarazione di successione?

Ai base a quanto previsto dall’art. 28 del decreto legislativo 346/1990 (Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni) sono obbligati a presentare la dichiarazione:

a. gli eredi, i chiamati all’eredità e i legatari (purché non vi abbiano espressamente rinunciato o – non essendo nel possesso dei beni ereditari – chiedono la nomina di un curatore dell’eredità, prima del termine previsto per la presentazione della dichiarazione di successione), o i loro legali rappresentanti;
b. gli immessi nel possesso dei beni, in caso di assenza del defunto o di dichiarazione di morte presunta;
c. gli amministratori dell’eredità;
d. i curatori delle eredità giacenti;
e. gli esecutori testamentari e,
f. come precisato sul sito dell’Agenzia delle Entrate, i trustee.

6.3. Entro quando gli eredi devono presentare la dichiarazione di successione?

L’art. 31 del d. lgs. 346/1990  stabilisce che la dichiarazione di successione deve essere presentata entro dodici mesi dalla data di apertura della successione, che secondo l’art. 456 c.c. coincide con la morte del defunto.

Gli eredi devono quindi presentare la dichiarazione di successione entro un anno dalla morte del defunto.

6.4. La dichiarazione di successione comporta l’accettazione dell’eredità?

No, come precisato anche nella sentenza dalla Cassazione civile nella sentenza n. 10796/2009 si ha un’accettazione tacita di eredità quando il chiamato compie un atto che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede.
Allo stesso modo ha luogo un’accettazione tacita se il chiamato all’eredità compie degli atti incompatibili con la volontà di rinunciare o siano concludenti e significativi della volontà di accettare.
Gli atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione, sono di per sé soli inidonei a comprovare l’accettazione tacita dell’eredità.
Ma attenzione: ha invece luogo un’accettazione tacita se, oltre a questi, il chiamato pone in essere anche atti che siano al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale, che rileva non solo dal punto di vista tributario ma anche dal punto civile per l’accertamento, legale o semplicemente materiale, della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi.

7. Eredità in altri Paesi Europei

Se un cittadino italiano risiede in un altro Stato europeo, da che legge sarà regolata la sua successione?
Secondo il Regolamento UE 650/2012 il criterio generale è quello dell’ultima residenza abituale. Infatti ai sensi dell’articolo 21, se la persona deceduta non ha prima scelto che legge deve essere applicata alla sua successione (art. 22) e con l’eccezione di alcuni casi specifici, “la legge applicabile all’intera successione è quella dello Stato in cui il defunto aveva la propria residenza abituale al momento della morte”.
Pertanto, in assenza di diversa scelta del de cuius, l’intera pratica successoria sarà regolata dalla legge dello Stato dell’ultima residenza abituale di quest’ultimo.

 

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BIBLIOGRAFIA:
Balloriani M./De Rosa R./Mezzanotte S., Manuale breve Diritto civile, XIV ed., Giuffrè, 2019, Milano.

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